Focus “Donne Professione”: le libere professioniste nel nostro Paese

12 Luglio 2023
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L’indagine sulle Libere Professioniste nel nostro Paese, svolta dal Centro Studi di AdEPP (Associazione degli Enti Previdenziali Privati) è stata presentata lo scorso 12 luglio a Roma al Museo Ninfeo.

I risultati del Report sono stati illustrati dal Presidente AdEPP, Alberto Oliveti e dal Vicepresidente Tiziana Stallone.

Ad illustrare i punti salienti della ricerca, erano presenti anche il Presidente dell’Istituto di previdenza dei giornalisti, Marina Macelloni, e Linda Laura Sabbadini, ex Direttrice del dipartimento Istat per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica.

Non sono mancati i contributi del mondo accademico - con l’intervento della Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, Antonella Polimeni - e della stampa - grazie all’intervento della Dott.ssa Mirja Cartia D’Asero, Amministratore Delegato del Sole 24 ore.

L’indagine è stata realizzata nel 2022 ed ha coinvolto 16 Enti di Previdenza privata con il riscontro di circa 107.000 professionisti, corrispondenti a circa il 10% del totale degli Iscritti alle Casse. 

L’obiettivo dell’indagine era quello di indagare la condizione delle Libere Professioniste e di comprendere le ragioni dietro a quel gender gap che, purtroppo, rimane ancora un fattore critico della condizione lavorativa femminile.

Che le donne Libero professioniste guadagnino meno dei colleghi uomini è un dato assodato; già al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro il reddito delle Professioniste under 30 è circa il 20% in meno di quello degli uomini.

Le donne guadagnano di meno anche perché lavorano di meno: a fronte del 59% degli uomini che dedicano al lavoro più di 8 ore al giorno, le donne si fermano al 40%. E lavorano di meno perché, in Italia, sono le figure principali – se non esclusive – a cui è affidato il ruolo di care giver verso i figli e verso gli anziani.

Questo ruolo di care giver è tanto più forte, quanto più è debole il sistema di Welfare sul territorio.

La conclusione a cui si giunge con l’indagine è, quindi, che il gender gap trova le sue radici nelle differenze geografiche esistenti in Italia in termini di accesso ai servizi per l’infanzia e per i più deboli.

Sulla base del Report sugli asili nido e i servizi educativi per l’infanzia pubblicato dall’Istat nel 2022, il Nord-est e il Centro Italia consolidano la copertura dei posti disponibili rispetto ai bambini sotto i 3 anni sopra il target europeo del 33% (rispettivamente 35% e 36,1%), il Nord-ovest arriva al 30,8% mentre le Isole con il 15,9% e il Sud con il 15,2% sono ancora molto lontani dall’obiettivo.

La maggiore urgenza da risolvere, come hanno evidenziato le stesse professioniste intervistate, riguarda proprio la disparità legata all’area geografica in cui si esercita la professione e solo dopo la disparità di genere.

Il contenuto integrale dell’indagine è disponibile qui.

 


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